Immaginiamo di ascoltare un dialogo tra Bill Gates e Johannes Gutenberg sul "futuro" del libro. Tra l'inventore della stampa a caratteri mobili e uno degli artefici dell'informatizzazione di massa. Con questo testo, scritto nel 1999 quando ero in 5a liceo, ho partecipato (e vinto) ad un concorso organizzato dall'IRSE dal titolo "L'Europa e i giovani". Nel fare le pulizie di inizio anno nell'hard-disk l'ho ritrovato e nel rileggerlo oggi, quando si parla di ebook e di incentivi per le librerie, mi è sembrato ancora tremendamente attuale perché la mia idea sul libro di carta e inchiostro non è assolutamente cambiata.
DAL LIBRO AL COMPUTER: IL LIBRO E’ MORTO? INVENTA UN
DIALOGO TRA JOHANNES GUTENBERG E BILL GATES
J:
Johannes Gutenberg
G: Bill Gates
G:
A volte mi chiedo cosa possono avere in comune un Americano nato alle soglie
del 2000 e un vecchio orafo di Magonza del 1400.
J:
Forse la passione per i libri….
G:
Sicuramente. Ho condiviso con essi i momenti più piacevoli e quelli più tristi,
i dolori e le gioie. Nonostante tutto, molti mi accusano di aver contribuito
alla morte del libro.
J:
Mi viene da sorridere… Io ho contribuito al suo sviluppo! E nel luogo dove fui
sepolto, nella chiesa di Saint-Victor, a Magonza, ora passa una strada molto
trafficata! E vuoi sapere fino a dove arriva l’ironia della sorte? Quella
strada è intitolata a Peter Schöffer, il mio giovane aiutante! E ti risparmio i
racconti delle difficoltà che ho dovuto affrontare per poter portare a termine
il mio progetto di stampare dei libri. Una invenzione come quella della stampa
andava incentivata, non rallentata dalla miopia imprenditoriale.
G: Ho
letto molto nella mia vita. Molti libri, dai racconti di avventura a quelli di
fantascienza, dai fumetti ai testi scolastici fino ai manuali tecnici. Un mondo
senza libro sembra inimmaginabile. Charles de Trooz ha detto: “I libri sono
presenti, i libri sono fedeli. Li ritroverete sempre al loro posto, pronti a
perdonare le vostre lunghe dimenticanze. Sono certi di avere sempre l'ultima
parola.” E poi continuava: “voi avete bisogno di loro più di quanto loro
abbiano bisogno di voi. Si tengono compagnia a vicenda. Continuano senza di voi
i loro monologhi, i loro dialoghi e i loro accordi.” (Le Magister et ses
Maitres).
J:
La scrittura, come la pittura, è stata la prima conquista dell’uomo, insieme
con la parola. Prima su argilla e terracotta, poi su papiro e pergamena e
infine sulla carta, la parola scritta ha sempre raccontato le passioni, le
ansie, le storie dell’uomo. In alcune grandi civiltà, la greca e la cinese ad
esempio, una sola parola serve ad indicare sia lo scrivere che il dipingere.
Infatti in greco “graphein” significa scrivere e dipingere, e lo stesso avviene
per il vocabolo cinese “hsien”. La scrittura è quindi come la pittura.
G:
Ma tu credi veramente che il libro possa “morire”?
J:
Secondo il ragionamento che abbiamo appena fatto, come è nato il “libro”?
G:
E’ nato con l’uomo, d’accordo, ma non vorrai farmi credere che le iscrizioni
rupestri siano libri!
J:
In un certo senso sì. Gli uomini di quel tempo ci hanno voluto raccontare le
loro storie e sapevano soltanto incidere su quelle pietre. Scrivere. Il libro
non può morire. E’ nato con l’uomo e morirà con esso.
G:
Allora dici che qualsiasi iscrizione è un libro?
J:
Non proprio, ma vi è una certa contiguità tra dipinti e incisioni e i nostri
libri rilegati.
G:
Parliamo allora del “libro rilegato”: ha un futuro in questo mondo tecnologico?
J:
Sono un orafo e uno stampatore, non un analista. E’ difficile fare delle
previsioni, e la mia opinione potrebbe essere errata. Piuttosto dimmi la tua
previsione. Io, dopotutto, sono sempre un uomo del Medioevo. Invece tu sei un
uomo moderno, conosci meglio di me le necessità e i bisogni, i piaceri e le
soddisfazioni di cui ha bisogno l’uomo del nuovo millennio.
G:
I documenti elettronici sono sempre più preferiti ai manuali nell’ambito
produttivo. Ma anche nelle case di tutti noi sta avviandosi una piccola
rivoluzione. I bambini imparano l’inglese, i colori, i nomi degli animali su un
computer, non più su libri. Si sta sviluppando una tecnologia, e non è molto
lontano il suo lancio a livello commerciale, che ci permette di sfogliare un
libro “virtuale”, visualizzandone le pagine su un display portatile. Le tue
prime opere, quella decina di Bibbie che ci sono rimaste a ricordo della tua importantissima invenzione, sono visibili
a migliaia di persone tramite un sistema simile a questo che ti ho appena
spiegato. Il libro può andare in pensione dopo millenni di fedele servizio.
J:
Interessante. Sorrido a pensare che nel 1400 la stampa a caratteri mobili era
considerata una innovazione tecnologica! Ma si deve andare oltre queste tue
argomentazioni. Ognuno di noi ha con il libro un rapporto del tutto personale,
e questo comincia subito, con le prime esperienze, i primi suoi incontri con il
sillabario. Il rapporto poi continua, si modifica, può diventare conflittuale.
La relazione di un uomo con i libri poi si presta generosamente a una lunga serie di contrapposizioni e alla fine
diventa il vero e proprio specchio della sua vita. Un libro può essere per un
lettore una parola morta, per un altro può significare una specie di summa. Ma
in entrambi i casi il libro è l’interlocutore principe del nostro cuore,
funziona da tramite tra la nostra mente e le nostre sensazioni.
G: Qual è il rapporto tra il libro e il lettore?
J:
L’uomo che legge, l’uomo che non vive senza libri è certo di poter opporre alla
realtà che lo circonda una seconda e più vera realtà: alle cose dobbiamo
contrapporre le idee, agli oggetti i pensieri. Il bisogno di restare con se
stessi, di sostare per un attimo alla porta della verità. Qual è quindi la meta
del libro?
G:
Il lettore?
J:
Esatto. Tu stesso hai citato de Trooz: “I libri sono fedeli, sempre presenti”.
E dicevi anche che noi abbiamo bisogno di loro. Il libro può essere letto
sdraiati, seduti oppure ritti davanti ad un leggio: l’iconografia ci rivela
molto a proposito dei luoghi e dei modi di lettura. Per dei libri uomini sono
morti, per dei libri uomini hanno affrontati grandi rischi, per dei libri
uomini sono fuggiti. Davanti ai libri si è pianto, sopra delle pagine si è discusso.
Ma valevano forse le pagine e l’inchiostro quel sangue, quella paura, quel
sudore, quelle lacrime o quelle parole? No, ma le parole che vi erano contenute
sì.
G:
Ma molto è cambiato dai tuoi tempi, Johannes. La fotocomposizione crea libri
asettici, le biblioteche sono sempre più deserte. Sembra che sia l’uomo a voler
uccidere il libro, e non esso a lasciarsi morire.
J: Sfogliare le pagine, anche se schiarite con cloro e con
immagini a milioni di colori, provoca sempre delle sensazioni. Aprire un libro
significa calarsi in un mondo da cui usciremo soltanto quando vorremo chiudere
quelle pagine. E saremo noi a decidere quando farlo. Quel mondo fantastico
sparirà o comparirà di nuovo ad un nostro cenno. Per quanto riguarda le
biblioteche, hai ragione. Ma l’essere umano non è ancora stato capace di
liberarsi dell’atto del leggere…
G:
Può sembrare ridicolo, ma è la realtà. In passato si desiderava leggere, avere
sottomano dei libri, ma era impossibile a causa della indisponibilità e
dell’alto costo che i volumi avevano. Oggi che c’è abbondanza di volumi e i
prezzi sono stati abbattuti meno gente legge.
J:
Non proprio. E’ cambiato il modo di affrontare la lettura. Non c’è più lo
spazio per l’otium letterario.
G:
Forse il tipo di vita che conduciamo contrasta con l’antica abitudine della
biblioteca. Quando sarà tutto registrato e microfilmato allora sarà eclissato
il valore del libro come lo consideriamo noi oggi. Ma il valore che si perderà
sarà solo la dimensione. Le parole, i sentimenti saranno trasmessi comunque.
J:
Alcuni scrittori oggi hanno fatto loro il principio del “tutto subito”.
Producono “libri di consumo”.
G:
Il seme muore e prende il suo posto una
rigogliosa pianta. Come possiamo saper cosa accadrà di preciso? Tu stesso
dicevi che è impossibile fare previsioni. Se questi “sacerdoti del vano”
finiranno dimenticati come possiamo saperlo? E se il libro venisse, grazie a
loro, rivalutato?
J:
Il pericolo è nella religione del provvisorio. Non dobbiamo abituarci ad un
mondo in cui l’immagine non è evocata dalla fantasia, ma legata ad un
telecomando, ad una tastiera ed un monitor. La carta stampata, invece, ci
invita a fermarci: ogni spazio bianco tra i paragrafi è fatto apposta per far
scrivere noi, la nostra mente. Ogni lettore è anche lo scrittore del libro che
sta leggendo. Perché il libro non è solo quella serie di pensieri che escono
dalla penna dell’autore. E’ anche una nostra co-produzione. E’ anche nostro!
Ecco perché ci provoca certe emozioni. Ed ecco perché il libro non può morire.
G:
Supponiamo succedesse…
J:
Quando accadrà bisognerà pensare che il più prezioso strumento della nostra
macchina interiore sarà bloccato per sempre e inventare un sostituto sarà
pressoché impossibile. Il libro è la strada maestra della mente umana:
innanzitutto per le lezioni che ci dà e poi per la sua patinata bellezza. Ma
possiamo considerarlo anche un delizioso sentiero che ci conduce verso radure
in cui mormorano mille e mille felicità, in cui l’uomo, pieno di speranza,
affidandosi solamente alle pagine si ritrova, si rappacifica con se stesso, e
si illumina.