lunedì 2 marzo 2015

Riempite i cuori e non le piazze: FLI due anni dopo

(Quasi) due anni fa scrivevo queste riflessioni dopo la sconfitta elettorale subita da FLI, l'unico partito in cui abbia mai militato, per cui abbia mai preso posizione e in cui ci abbia messo la faccia.
Le ho rilette e sono contento di affermare che se le scrivessi ora, le parole sarebbero le stesse.
"Una traversata nel deserto", per citare Gianfranco Fini, che però non ha portato all'agognata Terra Promessa, per citare me stesso e chiudere la metafora biblica raccontata nell'Esodo.
Cosa è successo in questi due anni? Bolla 5Stelle, caos Bersani, governo Letta, governo Renzi, Salvini candidato come "capitano" della destra, Forza Italia che litiga, il Paese che arranca, la paura dell'altro (musulmano, immigrato, gay, avversario dell'altra squadra o dell'altro condominio, ormai non ci sono più distinzioni e criteri).
Risentire oggi quello che che sostiene Fini (per esempio a DiMartedì della settimana scorsa) mi fa capire come il tempo in questi 730 giorni si sia fermato: la destra non ha bisogno di un leader ma di un progetto. Lasciando da parte le beghe da cortile di palazzo di periferia (tu Montecarlo, io le Olgettine, tu vali 0virgola e io 10%, eccetera eccetera) che non portano a nulla, dobbiamo ammettere che a destra siamo rimasti immobili. 
Ecco cosa invidio agli amici del PD: hanno avuto un progetto (un sogno, un miraggio, chiamatelo come volete) raccontato da un signore che si chiama Matteo Renzi e stanno lavorando per costruirlo (o per abbatterlo, dipende da che lato del PD si trovino).
E noi? Gli ebrei hanno vagato per 40 anni nel deserto, e hanno resistito così tanto solo perché sapevano che li aspettava un paese dove "scorrevano latte e miele". Avevano la visione, proprio quella che manca a noi oggi.
La destra è allo sbando non perché le manchi un leader credibile, ma perché le manca un progetto in cui credere. Il progetto non può essere "contro" qualcosa (l'Europa, lo straniero, il gay che vuole sposarsi, e 1000 altre cose). Deve essere un progetto da costruire insieme e non un nemico da distruggere. Perché il rischio dei gruppi nati "contro" qualcuno è che, una volta sconfitto il male, il gruppo si sfaldi. Il gruppo nato attorno a un progetto invece una volta che ha costruito una grande cosa insieme sarà entusiasta di realizzarne un'altra, sempre insieme, e magari ancora più grande. Oggi più che mai abbiamo bisogno che ad essere riempiti siano i cuori che battono e non le piazze che urlano.

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