giovedì 23 gennaio 2014

La questione preferenze, come vedere il dito e non la luna

Appassionato, e appassionante solo per alcuni, il dibattito di questi giorni sulla nuova legge elettorale. Tra le novità l'assenza delle preferenze ma una corta lista di nominati oltre al divieto di presentarsi in più collegi.
Posto che 1) forse la legge elettorale perfetta non esiste, 2) per farla servono i voti e quindi la soluzione deve diventare di compromesso e 3) la legge è uno strumento e non un fine, da una parte e dall'altra ognuno leva i suoi scudi contro o a favore di questo o quel sistema.

Non mi appassiona il dibattito fine a se stesso, non sono un esperto, sono solo un utente: io compro un'auto, la pago e ci metto il gasolio e la voglio guidare senza troppi problemi. A che pressione venga iniettato il combustibile o il numero di giri della ventola di raffreddamento non mi interessa saperlo, basta che funzioni. Lo stesso vale per la legge elettorale. 
Negli anni passati abbiamo avute due leggi elettorali (tra l'altro partorite dalle stessi sapienti menti che oggi criticano questo o quel sistema) insoddisfacenti e inadeguate (Mattarellum e Porcellum). Ci vogliamo provare con questo Italicum? Scopriremo tra 5 anni che è un sistema inadeguato? Chi ci sarà allora cambierà anche questa legge modificandola, e stop! Un po' come farei io se l'auto che ho acquistato mi desse dei problemi.

L'idea delle preferenze mi piace. Mi è piaciuto prenderne (poche, purtroppo!) quando ho partecipato alle amministrative. Significa che chi ti conosce ti vota, e il rapporto eletto-elettore si salda e fortifica, creando un forte senso di responsabilità del primo nei confronti del secondo. Ma questo varrebbe in un mondo ideale, in un mondo dove i tentativi di corruzione fossero assenti e dove il dispendio di somme ingenti per una campagna elettorale personale non creerebbe molto facilmente clientelismi e sacche di consenso a pagamento. Chi pensa che le preferenze siano la panacea di tutti i mali pensi ai casi eclatanti delle regionali, dove le "cene con contributo" (per l'elettore e non per il candidato!) diventavano un sistema di raccolta di voti di preferenza.

La legge elettorale deve essere calata nella realtà in cui opererà per poter funzionare. Continuando con l'esempio dell'auto, se abitassi in una baita in montagna con un sentiero sterrato, per accedervi di sicuro una Maserati Ghibli sarebbe inadeguata ma sarebbe molto meglio un robusto Range Rover: meno veloce, meno sportivo, ma capace di affrontare buche e dissesti del terreno. Un Paese in cui persone vendono per poche decine di euro il proprio voto suscita certamente delle perplessità quando si va a parlare di preferenze.

Proviamo a vedere la luna e non il dito con un'ultima osservazione sulla lista corta dei nominati prevista da questa legge (tanto da averla fatta definire da qualcuno il "Porcellinum"). Sotto trovate la nuova scheda elettorale a confronto con le due precedenti (fonte il sito di Roberto Giachetti che consiglio di leggere perché analizza molto meglio di me la questione). Non compaiono le preferenze, è vero. Quella breve lista di nomi di candidati deve però avere un riscontro nel collegio in cui viene proposta, e nel momento in cui mi trovassi in cabina elettorale la formazione Razzi-Scilipoti-Santanchè, Brunetta-Gasparri-Capezzone, Gelmini-Carfagna-Biancofiore e Berlusconi tra i pali (da leggere come fosse una formazione calcistica, visto che siamo nell'anno dei mondiali)... magari il desiderio di passare alla lista successiva mi verrebbe.

Pensare che allungare il dibattito sulla legge elettorale serva solo a mantenere in piedi il Governo con lo spettro di un nuovo voto con il Mattarellum è legittimo. E mai come in questo caso chi fa rende ancora più evidente l'inutilità di chi non fa.



mercoledì 22 gennaio 2014

Perché evitare il "NON": l'esempio di Cuperlo

Quando tengo dei corsi con argomento le tecniche di comunicazione dico spesso che il termine "non" deve essere evitato. Primo perché confonde, secondo perché trasmette proprio il concetto contrario a quello che si vuole dire.

Il nostro cervello per realizzare una negazione, deve prima crearsi la frase al positivo e soltanto dopo metterci una bella X grossa sopra per negarla.
Un esempio? Se vi dicessi che "non dovete assolutamente pensare a una mucca pezzata che pascola in un prato di montagna"... voi cosa state visualizzando? Una bella mucca che pascola, con una X grossa sopra. Ma intanto la mucca in testa ve l'ho messa.
Espressioni tipo "non sono qui per farti perdere tempo", "non sto dicendo che sei cretino" oppure "non voglio che pensi che stia per lasciarti" hanno proprio l'effetto contrario rispetto a quello che vorremmo noi.

E' un grossolano errore di comunicazione che viene fatto frequentemente, purtroppo anche da persone che non dovrebbero fare errori simili. Ieri sera a Ballarò uno dei nostri politici, Gianni Cuperlo, ha fatto questo errore, e Beppe Severgnini lo ha fatto notare.
La frase è stata: "Non sto dicendo che Matteo Renzi sta sbagliando".

Qual è il messaggio che è passato all'ascoltatore? Che Cuperlo sostiene che Renzi stia sbagliando,  anche se ha detto esattamente il contrario.
L'opinione può essere condivisibile o meno, non mi interessa, è la tecnica di comunicazione che è sbagliata. Anche perché, se lo ascoltate, Cuperlo ha elencato almeno 5 cose per cui la decisione di Renzi non gli è piaciuta, quindi gli estremi per cui, a suo parere, il segretario stia sbagliando ci sono eccome.
Per una persona che vuole tirarsi dietro un seguito politico questa ambiguità è un errore da principiante e indice di scarsa capacità comunicativa. 

L'intervista di Gianni Cuperlo: link.
Il commento di Beppe Severgnini: link.

Ps: ovviamente il "non" può essere utilizzato quando si vuole ottenere l'effetto prima descritto, per esempio per lanciare un messaggio velato, ma non troppo,  al proprio interlocutore. Per esempio potrei dire "non vorrei pensassi io sia troppo giovane per questo lavoro" quando sono certo che il mio interlocutore lo pensi, ma magari stia evitando di dirmelo per educazione. Nell'esempio specifico, mi capita spesso che questa espressione mi permetta di ancorare l'idea del mio interlocutore che si frega da solo cominciando a elencare decine di argomenti per cui lui non pensa che io sia troppo giovane per quel lavoro. Facendo così mi ha appena servito su un piatto d'argento tutte le sue perplessità, e a me non resta che smontarle una a una.  

sabato 18 gennaio 2014

Renzi+Excel = REnxcel, ovvero quando l'alfabetizzazione diventa innovazione

Ieri sera alle "Invasioni barbariche", ospite di Daria Bignardi, il segretario PD Matteo Renzi ha fatto vedere di saper usare un computer, cliccando per aprire un foglio Excel e compilarne le celle.
L'idea della scenetta nasce da un'intervista rilasciata al Corriere della Sera in cui Renzi dice che "il patto di coalizione deve stare in un foglio Excel" (link).
L'intervistatore del Corriere a questa affermazione risponde chiedendo "Spiega anche a noi over 39 che cosa sia un file Excel?". Renzi illustra quindi la sua idea di mettere in caselle cosa fare, chi lo deve fare ed entro quando va fatto (in azienda la chiamerebbero programmazione, o pianificazione, e sarebbe normale farla, strano che chi la propone per il governo di una nazione appaia innovativo, ma tant'è...).
Da qui tutta la scenetta su LA7 con i risvolti simpatici sui siti di news in cui si titola stupiti che "Renzi sa usare Excel!".
Oggi voglio fare il "rompiballe" perché mi fa venire l'orticaria sentire queste cose... e cerco di spiegarne il perché.

Ho iniziato a tenere corsi di alfabetizzazione informatica nel 1997 con l'Associazione Genitori di Desenzano nell'ambito del Progetto ONDE. Tenevamo corsi per genitori ma anche per anziani del centro sociale, usando i computer nella Mediateca cittadina.
In effetti mi sarei stupito se nel 2000 qualcuno mi avesse detto "Ehi sai che Giuliano Amato sa scrivere una mail?". Non mi stupisco invece se la stessa cosa accade nel 2014.
Il politico che si propone per innovare il Paese deve essere padrone di una tecnologia che dalla seconda metà degli anni 90 è diventata uno dei più potenti strumenti di pianificazione utilizzati nelle aziende? Non sto dicendo che debba saper programmare in VBA, ma aprire un programma e scrivere dentro le caselle... lo posso pretendere o no? 

Perché mi dovrei stupire se un politico che mi propone un'agenda digitale per il Paese scrive da solo le sue email, invece di vergarne su carta pergamena con penna e calamaio la brutta copia da passare  poi alla segretaria per la trascrizione? Questo lo poteva fare Giolitti, ma non me lo aspetterei da Obama.
Perché lo stesso politico che non sa pronunciare Google (Berlusconi e Gogol) o si fa scrivere i tweet dai collaboratori (salvo poi fare cavolate e dare a loro le colpe, si veda il caso Boccia-F35) è quello che non sa quanto mi costa il gasolio o che su un hard-disk da 2 TB pago una corposa "tassa SAIE" anche se non piraterò mai nulla ma soltanto salverò i miei documenti di lavoro.
Ecco, il Paese che a gennaio del 2014 si stupisce se un politico e amministratore locale sa usare un computer è lo stesso che osteggia Google e Amazon vedendoli come il male a prescindere, è lo stesso che non vuole i pagamenti tracciati e che applica l'IVA al 22% sugli ebook non considerandoli dei libri veri (su cui si paga il 4%).

Se siamo un paese in buona parte senza una copertura internet decente, in cui le fatture vanno stampate e archiviate in formato cartaceo per 10 anni e in cui la raccomandata (con coda in posta, viaggio del postino e compagnia bella) sono la normalità, abbiamo oggi capito perché: usare Excel è un elemento di innovazione e che desta stupore.
Chissà se oggi il sommo poeta Dante ci farebbe un post sul suo blog oppure sceglierebbe un tweet:
Ahi serva Italia, di dolore ostello,nave sanza nocchiere in gran tempesta,non donna di province, ma bordello!
Di sicuro dovrebbe scartare l'idea di riscrivere la Divina Commedia in e-book: rischierebbe che l'IVA al 22% ne faccia aumentare troppo il costo!

P.s: ho tralasciato, volutamente, due commenti tecnici sulla vicenda REnxcel che qui riassumo. Primo, Excel (e il segretario devo ammettere che lo dice nell'intervista) è un foglio di calcolo, quindi serve per calcolare, analizzare, graficare e gestire dati e informazioni. Non è una pagina bianca con tante colonnine già pronte, come qualcuno crede. Se vuoi solo la tabella vuota da compilare scrivendoci dentro puoi usare benissimo Word, che è appunto un elaboratore di testi. Secondo, la Bignardi dice che da Renzi si aspetterebbe un utilizzo di OpenOffice, dando per scontato che open sia meglio. Partiamo dal fatto che ognuno deve usare il software con cui si trova meglio e che sia in grado di aumentare e ottimizzare la propria produttività, e non scegliere questo o quel programma perché "fa figo". Excel nella suite Office costa 135 euro, ma per esempio il suo equivalente per Mac, Numbers, costa 17,99 euro. Quindi non stiamo parlando assolutamente di cifre fuori portata anche nei software proprietari, come invece qualcuno potrebbe pensare, ed è per questo che molte aziende preferiscono continuare ad utilizzarli piuttosto di passare all'open. 

Qui il link all'intervista integrale sul LA7, la scenetta su Excel inizia al minuto 22.

venerdì 17 gennaio 2014

Corso Informa e Università Roma Tre

L'11 aprile terrò un corso (valido anche come aggiornamento RSPP e CSP/CSE) organizzato dall'Istituto Informa e dall'Università Roma Tre dal titolo "Le attrezzature di lavoro e la formazione degli operatori secondo l’Accordo Conferenza Stato Regioni e le Circolari esplicative".
La sede del corso è Roma, dura tutta la giornata e se l'argomento vi pare noioso tenete conto che ci saranno anche i coffee break e il pranzo al ristorante compresi nel prezzo.
In più è di venerdì, per cui il giorno ideale se dopo il corso vi vorrete trattenere per un primaverile weekend romano!
Qui tutte le info: link.

  

giovedì 16 gennaio 2014

Presentazione del libro "Il ventennio. Io, Berlusconi e la destra tradita"

L'Associazione culturale "Futuro", di cui faccio parte, in collaborazione con l'Associazione culturale "Aldo Moro", nell'ambito della rassegna "Castenedolo... Incontra", organizza per venerdì 31 gennaio  alle ore 20:45, in Castenedolo presso la Sala Civica dei Disciplini,  la presentazione del libro "Il ventennio. Io, Berlusconi e la destra tradita".
Saranno presenti l'autore Gianfranco Fini, Massimo D'Alema, Paolo Corsini, Antonio Polito e modererà la Maria Latella.

domenica 12 gennaio 2014

La vita non è in rima (per quello che ne so)

La prima lettura di queste vacanze natalizie è stata "La vita non è in rima (per quello che ne so). Intervista sulle parole e i testi", un libro-intervista a Luciano Ligabue sulle sue canzoni e sulla sua musica.
I libri dei cantanti di solito hanno tutti lo stesso format, ma questo l'ho trovato diverso. L'autore entra anche in aspetti tecnici e spiega alcune scelte stilistiche, musicali, di rime e di parole. Insomma per chi fa musica potrebbe anche essere un utile strumento didattico.
Per chi come me è solo un appassionato sarà invece difficile non canticchiare gli spezzoni di canzoni presenti nel testo (con somma gioia delle persone vicine quando ci metti 2-3 tentativi ad azzeccare la melodia...!).
Link Amazon

giovedì 9 gennaio 2014

Testiamo Italo

I primi di febbraio devo andare a Roma per lavoro e ho voluto prenotare con Italo.
I prezzi sono paragonabili, se non inferiori, al FrecciaRossa di Trenitalia e voglio proprio vedere come sono questi nuovi treni.
Mi è piaciuto il sito, che per la prenotazione è molto facile e intuitivo, e dopo il pagamento mi ha fatto un complimento "ambientalista" ricordandomi che con il treno emetterò meno CO2 che in auto e molto meno che in aereo.
Anche queste piccole cose sono importanti per un viaggiatore!


venerdì 3 gennaio 2014

Dal libro al computer: il libro è morto?

Immaginiamo di ascoltare un dialogo tra Bill Gates e Johannes Gutenberg sul "futuro" del libro. Tra l'inventore della stampa a caratteri mobili e uno degli artefici dell'informatizzazione di massa. Con questo testo, scritto nel 1999 quando ero in 5a liceo, ho partecipato (e vinto) ad un concorso organizzato dall'IRSE dal titolo "L'Europa e i giovani". Nel fare le pulizie di inizio anno nell'hard-disk l'ho ritrovato e nel rileggerlo oggi, quando si parla di ebook e di incentivi per le librerie, mi è sembrato ancora tremendamente attuale perché la mia idea sul libro di carta e inchiostro non è assolutamente cambiata. 
  
DAL LIBRO AL COMPUTER: IL LIBRO E’ MORTO? INVENTA UN DIALOGO TRA JOHANNES GUTENBERG E BILL GATES

J: Johannes Gutenberg
G: Bill Gates

G: A volte mi chiedo cosa possono avere in comune un Americano nato alle soglie del 2000 e un vecchio orafo di Magonza del 1400.

J: Forse la passione per i libri….

G: Sicuramente. Ho condiviso con essi i momenti più piacevoli e quelli più tristi, i dolori e le gioie. Nonostante tutto, molti mi accusano di aver contribuito alla morte del libro.

J: Mi viene da sorridere… Io ho contribuito al suo sviluppo! E nel luogo dove fui sepolto, nella chiesa di Saint-Victor, a Magonza, ora passa una strada molto trafficata! E vuoi sapere fino a dove arriva l’ironia della sorte? Quella strada è intitolata a Peter Schöffer, il mio giovane aiutante! E ti risparmio i racconti delle difficoltà che ho dovuto affrontare per poter portare a termine il mio progetto di stampare dei libri. Una invenzione come quella della stampa andava incentivata, non rallentata dalla miopia imprenditoriale.

G: Ho letto molto nella mia vita. Molti libri, dai racconti di avventura a quelli di fantascienza, dai fumetti ai testi scolastici fino ai manuali tecnici. Un mondo senza libro sembra inimmaginabile. Charles de Trooz ha detto: “I libri sono presenti, i libri sono fedeli. Li ritroverete sempre al loro posto, pronti a perdonare le vostre lunghe dimenticanze. Sono certi di avere sempre l'ultima parola.” E poi continuava: “voi avete bisogno di loro più di quanto loro abbiano bisogno di voi. Si tengono compagnia a vicenda. Continuano senza di voi i loro monologhi, i loro dialoghi e i loro accordi.” (Le Magister et ses Maitres).

J: La scrittura, come la pittura, è stata la prima conquista dell’uomo, insieme con la parola. Prima su argilla e terracotta, poi su papiro e pergamena e infine sulla carta, la parola scritta ha sempre raccontato le passioni, le ansie, le storie dell’uomo. In alcune grandi civiltà, la greca e la cinese ad esempio, una sola parola serve ad indicare sia lo scrivere che il dipingere. Infatti in greco “graphein” significa scrivere e dipingere, e lo stesso avviene per il vocabolo cinese “hsien”. La scrittura è quindi come la pittura.

G: Ma tu credi veramente che il libro possa “morire”?

J: Secondo il ragionamento che abbiamo appena fatto, come è nato il “libro”?

G: E’ nato con l’uomo, d’accordo, ma non vorrai farmi credere che le iscrizioni rupestri siano libri!

J: In un certo senso sì. Gli uomini di quel tempo ci hanno voluto raccontare le loro storie e sapevano soltanto incidere su quelle pietre. Scrivere. Il libro non può morire. E’ nato con l’uomo e morirà con esso.

G: Allora dici che qualsiasi iscrizione è un libro?

J: Non proprio, ma vi è una certa contiguità tra dipinti e incisioni e i nostri libri rilegati.

G: Parliamo allora del “libro rilegato”: ha un futuro in questo mondo tecnologico?

J: Sono un orafo e uno stampatore, non un analista. E’ difficile fare delle previsioni, e la mia opinione potrebbe essere errata. Piuttosto dimmi la tua previsione. Io, dopotutto, sono sempre un uomo del Medioevo. Invece tu sei un uomo moderno, conosci meglio di me le necessità e i bisogni, i piaceri e le soddisfazioni di cui ha bisogno l’uomo del nuovo millennio.

G: I documenti elettronici sono sempre più preferiti ai manuali nell’ambito produttivo. Ma anche nelle case di tutti noi sta avviandosi una piccola rivoluzione. I bambini imparano l’inglese, i colori, i nomi degli animali su un computer, non più su libri. Si sta sviluppando una tecnologia, e non è molto lontano il suo lancio a livello commerciale, che ci permette di sfogliare un libro “virtuale”, visualizzandone le pagine su un display portatile. Le tue prime opere, quella decina di Bibbie che ci sono rimaste a ricordo della  tua importantissima invenzione, sono visibili a migliaia di persone tramite un sistema simile a questo che ti ho appena spiegato. Il libro può andare in pensione dopo millenni di fedele servizio.

J: Interessante. Sorrido a pensare che nel 1400 la stampa a caratteri mobili era considerata una innovazione tecnologica! Ma si deve andare oltre queste tue argomentazioni. Ognuno di noi ha con il libro un rapporto del tutto personale, e questo comincia subito, con le prime esperienze, i primi suoi incontri con il sillabario. Il rapporto poi continua, si modifica, può diventare conflittuale. La relazione di un uomo con i libri poi si presta generosamente a una lunga serie di contrapposizioni e alla fine diventa il vero e proprio specchio della sua vita. Un libro può essere per un lettore una parola morta, per un altro può significare una specie di summa. Ma in entrambi i casi il libro è l’interlocutore principe del nostro cuore, funziona da tramite tra la nostra mente e le nostre sensazioni.

G:  Qual è il rapporto tra il libro e il lettore?

J: L’uomo che legge, l’uomo che non vive senza libri è certo di poter opporre alla realtà che lo circonda una seconda e più vera realtà: alle cose dobbiamo contrapporre le idee, agli oggetti i pensieri. Il bisogno di restare con se stessi, di sostare per un attimo alla porta della verità. Qual è quindi la meta del libro?

G: Il lettore?

J: Esatto. Tu stesso hai citato de Trooz: “I libri sono fedeli, sempre presenti”. E dicevi anche che noi abbiamo bisogno di loro. Il libro può essere letto sdraiati, seduti oppure ritti davanti ad un leggio: l’iconografia ci rivela molto a proposito dei luoghi e dei modi di lettura. Per dei libri uomini sono morti, per dei libri uomini hanno affrontati grandi rischi, per dei libri uomini sono fuggiti. Davanti ai libri si è pianto, sopra delle pagine si è discusso. Ma valevano forse le pagine e l’inchiostro quel sangue, quella paura, quel sudore, quelle lacrime o quelle parole? No, ma le parole che vi erano contenute sì.

G: Ma molto è cambiato dai tuoi tempi, Johannes. La fotocomposizione crea libri asettici, le biblioteche sono sempre più deserte. Sembra che sia l’uomo a voler uccidere il libro, e non esso a lasciarsi morire.

J: Sfogliare le pagine, anche se schiarite con cloro e con immagini a milioni di colori, provoca sempre delle sensazioni. Aprire un libro significa calarsi in un mondo da cui usciremo soltanto quando vorremo chiudere quelle pagine. E saremo noi a decidere quando farlo. Quel mondo fantastico sparirà o comparirà di nuovo ad un nostro cenno. Per quanto riguarda le biblioteche, hai ragione. Ma l’essere umano non è ancora stato capace di liberarsi dell’atto del leggere…

G: Può sembrare ridicolo, ma è la realtà. In passato si desiderava leggere, avere sottomano dei libri, ma era impossibile a causa della indisponibilità e dell’alto costo che i volumi avevano. Oggi che c’è abbondanza di volumi e i prezzi sono stati abbattuti meno gente legge.

J: Non proprio. E’ cambiato il modo di affrontare la lettura. Non c’è più lo spazio per l’otium letterario.

G: Forse il tipo di vita che conduciamo contrasta con l’antica abitudine della biblioteca. Quando sarà tutto registrato e microfilmato allora sarà eclissato il valore del libro come lo consideriamo noi oggi. Ma il valore che si perderà sarà solo la dimensione. Le parole, i sentimenti saranno trasmessi comunque.

J: Alcuni scrittori oggi hanno fatto loro il principio del “tutto subito”. Producono “libri di consumo”.

G: Il seme muore e prende il suo posto una rigogliosa pianta. Come possiamo saper cosa accadrà di preciso? Tu stesso dicevi che è impossibile fare previsioni. Se questi “sacerdoti del vano” finiranno dimenticati come possiamo saperlo? E se il libro venisse, grazie a loro, rivalutato?

J: Il pericolo è nella religione del provvisorio. Non dobbiamo abituarci ad un mondo in cui l’immagine non è evocata dalla fantasia, ma legata ad un telecomando, ad una tastiera ed un monitor. La carta stampata, invece, ci invita a fermarci: ogni spazio bianco tra i paragrafi è fatto apposta per far scrivere noi, la nostra mente. Ogni lettore è anche lo scrittore del libro che sta leggendo. Perché il libro non è solo quella serie di pensieri che escono dalla penna dell’autore. E’ anche una nostra co-produzione. E’ anche nostro! Ecco perché ci provoca certe emozioni. Ed ecco perché il libro non può morire.

G: Supponiamo succedesse…

J: Quando accadrà bisognerà pensare che il più prezioso strumento della nostra macchina interiore sarà bloccato per sempre e inventare un sostituto sarà pressoché impossibile. Il libro è la strada maestra della mente umana: innanzitutto per le lezioni che ci dà e poi per la sua patinata bellezza. Ma possiamo considerarlo anche un delizioso sentiero che ci conduce verso radure in cui mormorano mille e mille felicità, in cui l’uomo, pieno di speranza, affidandosi solamente alle pagine si ritrova, si rappacifica con se stesso, e si illumina.