venerdì 3 gennaio 2014

Dal libro al computer: il libro è morto?

Immaginiamo di ascoltare un dialogo tra Bill Gates e Johannes Gutenberg sul "futuro" del libro. Tra l'inventore della stampa a caratteri mobili e uno degli artefici dell'informatizzazione di massa. Con questo testo, scritto nel 1999 quando ero in 5a liceo, ho partecipato (e vinto) ad un concorso organizzato dall'IRSE dal titolo "L'Europa e i giovani". Nel fare le pulizie di inizio anno nell'hard-disk l'ho ritrovato e nel rileggerlo oggi, quando si parla di ebook e di incentivi per le librerie, mi è sembrato ancora tremendamente attuale perché la mia idea sul libro di carta e inchiostro non è assolutamente cambiata. 
  
DAL LIBRO AL COMPUTER: IL LIBRO E’ MORTO? INVENTA UN DIALOGO TRA JOHANNES GUTENBERG E BILL GATES

J: Johannes Gutenberg
G: Bill Gates

G: A volte mi chiedo cosa possono avere in comune un Americano nato alle soglie del 2000 e un vecchio orafo di Magonza del 1400.

J: Forse la passione per i libri….

G: Sicuramente. Ho condiviso con essi i momenti più piacevoli e quelli più tristi, i dolori e le gioie. Nonostante tutto, molti mi accusano di aver contribuito alla morte del libro.

J: Mi viene da sorridere… Io ho contribuito al suo sviluppo! E nel luogo dove fui sepolto, nella chiesa di Saint-Victor, a Magonza, ora passa una strada molto trafficata! E vuoi sapere fino a dove arriva l’ironia della sorte? Quella strada è intitolata a Peter Schöffer, il mio giovane aiutante! E ti risparmio i racconti delle difficoltà che ho dovuto affrontare per poter portare a termine il mio progetto di stampare dei libri. Una invenzione come quella della stampa andava incentivata, non rallentata dalla miopia imprenditoriale.

G: Ho letto molto nella mia vita. Molti libri, dai racconti di avventura a quelli di fantascienza, dai fumetti ai testi scolastici fino ai manuali tecnici. Un mondo senza libro sembra inimmaginabile. Charles de Trooz ha detto: “I libri sono presenti, i libri sono fedeli. Li ritroverete sempre al loro posto, pronti a perdonare le vostre lunghe dimenticanze. Sono certi di avere sempre l'ultima parola.” E poi continuava: “voi avete bisogno di loro più di quanto loro abbiano bisogno di voi. Si tengono compagnia a vicenda. Continuano senza di voi i loro monologhi, i loro dialoghi e i loro accordi.” (Le Magister et ses Maitres).

J: La scrittura, come la pittura, è stata la prima conquista dell’uomo, insieme con la parola. Prima su argilla e terracotta, poi su papiro e pergamena e infine sulla carta, la parola scritta ha sempre raccontato le passioni, le ansie, le storie dell’uomo. In alcune grandi civiltà, la greca e la cinese ad esempio, una sola parola serve ad indicare sia lo scrivere che il dipingere. Infatti in greco “graphein” significa scrivere e dipingere, e lo stesso avviene per il vocabolo cinese “hsien”. La scrittura è quindi come la pittura.

G: Ma tu credi veramente che il libro possa “morire”?

J: Secondo il ragionamento che abbiamo appena fatto, come è nato il “libro”?

G: E’ nato con l’uomo, d’accordo, ma non vorrai farmi credere che le iscrizioni rupestri siano libri!

J: In un certo senso sì. Gli uomini di quel tempo ci hanno voluto raccontare le loro storie e sapevano soltanto incidere su quelle pietre. Scrivere. Il libro non può morire. E’ nato con l’uomo e morirà con esso.

G: Allora dici che qualsiasi iscrizione è un libro?

J: Non proprio, ma vi è una certa contiguità tra dipinti e incisioni e i nostri libri rilegati.

G: Parliamo allora del “libro rilegato”: ha un futuro in questo mondo tecnologico?

J: Sono un orafo e uno stampatore, non un analista. E’ difficile fare delle previsioni, e la mia opinione potrebbe essere errata. Piuttosto dimmi la tua previsione. Io, dopotutto, sono sempre un uomo del Medioevo. Invece tu sei un uomo moderno, conosci meglio di me le necessità e i bisogni, i piaceri e le soddisfazioni di cui ha bisogno l’uomo del nuovo millennio.

G: I documenti elettronici sono sempre più preferiti ai manuali nell’ambito produttivo. Ma anche nelle case di tutti noi sta avviandosi una piccola rivoluzione. I bambini imparano l’inglese, i colori, i nomi degli animali su un computer, non più su libri. Si sta sviluppando una tecnologia, e non è molto lontano il suo lancio a livello commerciale, che ci permette di sfogliare un libro “virtuale”, visualizzandone le pagine su un display portatile. Le tue prime opere, quella decina di Bibbie che ci sono rimaste a ricordo della  tua importantissima invenzione, sono visibili a migliaia di persone tramite un sistema simile a questo che ti ho appena spiegato. Il libro può andare in pensione dopo millenni di fedele servizio.

J: Interessante. Sorrido a pensare che nel 1400 la stampa a caratteri mobili era considerata una innovazione tecnologica! Ma si deve andare oltre queste tue argomentazioni. Ognuno di noi ha con il libro un rapporto del tutto personale, e questo comincia subito, con le prime esperienze, i primi suoi incontri con il sillabario. Il rapporto poi continua, si modifica, può diventare conflittuale. La relazione di un uomo con i libri poi si presta generosamente a una lunga serie di contrapposizioni e alla fine diventa il vero e proprio specchio della sua vita. Un libro può essere per un lettore una parola morta, per un altro può significare una specie di summa. Ma in entrambi i casi il libro è l’interlocutore principe del nostro cuore, funziona da tramite tra la nostra mente e le nostre sensazioni.

G:  Qual è il rapporto tra il libro e il lettore?

J: L’uomo che legge, l’uomo che non vive senza libri è certo di poter opporre alla realtà che lo circonda una seconda e più vera realtà: alle cose dobbiamo contrapporre le idee, agli oggetti i pensieri. Il bisogno di restare con se stessi, di sostare per un attimo alla porta della verità. Qual è quindi la meta del libro?

G: Il lettore?

J: Esatto. Tu stesso hai citato de Trooz: “I libri sono fedeli, sempre presenti”. E dicevi anche che noi abbiamo bisogno di loro. Il libro può essere letto sdraiati, seduti oppure ritti davanti ad un leggio: l’iconografia ci rivela molto a proposito dei luoghi e dei modi di lettura. Per dei libri uomini sono morti, per dei libri uomini hanno affrontati grandi rischi, per dei libri uomini sono fuggiti. Davanti ai libri si è pianto, sopra delle pagine si è discusso. Ma valevano forse le pagine e l’inchiostro quel sangue, quella paura, quel sudore, quelle lacrime o quelle parole? No, ma le parole che vi erano contenute sì.

G: Ma molto è cambiato dai tuoi tempi, Johannes. La fotocomposizione crea libri asettici, le biblioteche sono sempre più deserte. Sembra che sia l’uomo a voler uccidere il libro, e non esso a lasciarsi morire.

J: Sfogliare le pagine, anche se schiarite con cloro e con immagini a milioni di colori, provoca sempre delle sensazioni. Aprire un libro significa calarsi in un mondo da cui usciremo soltanto quando vorremo chiudere quelle pagine. E saremo noi a decidere quando farlo. Quel mondo fantastico sparirà o comparirà di nuovo ad un nostro cenno. Per quanto riguarda le biblioteche, hai ragione. Ma l’essere umano non è ancora stato capace di liberarsi dell’atto del leggere…

G: Può sembrare ridicolo, ma è la realtà. In passato si desiderava leggere, avere sottomano dei libri, ma era impossibile a causa della indisponibilità e dell’alto costo che i volumi avevano. Oggi che c’è abbondanza di volumi e i prezzi sono stati abbattuti meno gente legge.

J: Non proprio. E’ cambiato il modo di affrontare la lettura. Non c’è più lo spazio per l’otium letterario.

G: Forse il tipo di vita che conduciamo contrasta con l’antica abitudine della biblioteca. Quando sarà tutto registrato e microfilmato allora sarà eclissato il valore del libro come lo consideriamo noi oggi. Ma il valore che si perderà sarà solo la dimensione. Le parole, i sentimenti saranno trasmessi comunque.

J: Alcuni scrittori oggi hanno fatto loro il principio del “tutto subito”. Producono “libri di consumo”.

G: Il seme muore e prende il suo posto una rigogliosa pianta. Come possiamo saper cosa accadrà di preciso? Tu stesso dicevi che è impossibile fare previsioni. Se questi “sacerdoti del vano” finiranno dimenticati come possiamo saperlo? E se il libro venisse, grazie a loro, rivalutato?

J: Il pericolo è nella religione del provvisorio. Non dobbiamo abituarci ad un mondo in cui l’immagine non è evocata dalla fantasia, ma legata ad un telecomando, ad una tastiera ed un monitor. La carta stampata, invece, ci invita a fermarci: ogni spazio bianco tra i paragrafi è fatto apposta per far scrivere noi, la nostra mente. Ogni lettore è anche lo scrittore del libro che sta leggendo. Perché il libro non è solo quella serie di pensieri che escono dalla penna dell’autore. E’ anche una nostra co-produzione. E’ anche nostro! Ecco perché ci provoca certe emozioni. Ed ecco perché il libro non può morire.

G: Supponiamo succedesse…

J: Quando accadrà bisognerà pensare che il più prezioso strumento della nostra macchina interiore sarà bloccato per sempre e inventare un sostituto sarà pressoché impossibile. Il libro è la strada maestra della mente umana: innanzitutto per le lezioni che ci dà e poi per la sua patinata bellezza. Ma possiamo considerarlo anche un delizioso sentiero che ci conduce verso radure in cui mormorano mille e mille felicità, in cui l’uomo, pieno di speranza, affidandosi solamente alle pagine si ritrova, si rappacifica con se stesso, e si illumina.


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