domenica 24 giugno 2012

I "killer" delle riunioni


"Burloni e dominatori, se le riunioni non finiscono mai"
Vi siete mai divertiti alle riunioni di lavoro, quei meeting interminabili dove vi pare che le idee buone vengano perlopiù impallinate, e quelle mediocri esaltate, peggio che in un'assemblea di condominio di fantozziana memoria? Se sì, provate, la prossima volta che vi capita di annoiarvi, a pensare a queste cinque tipologie di ammazza-riunione, che sono state individuate, ritratte e analizzate dall'editorialista Sue Shellenbarger sul Wall Street Journal . E per tirarvi su, cercate di incasellare in una delle seguenti fenomenologie il boicottatore organizzato di turno. C'è, prima di tutto, il Dominatore, che ha una grande considerazione delle sue idee, e che interrompe di continuo per esprimerle. Poi viene lo Scettico, quello o quella che coltiva la negatività nel cuore, e che aspetta fino a che il consenso è quasi raggiunto per buttare lì un dubbio epocale al quale è impossibile rispondere.

Due tipologie, queste, considerate ad alto tasso di molestia, che vanno neutralizzate con fermezza anche per risollevare gli animi dei colleghi, dicendo per esempio: «Perché ti decidi solo ora a porre questa domanda? Non potevi pensarci prima?» e andare oltre, come suggerisce Brenna Smith Patty Johnson, esperta di lavoro e fondatrice della società di consulenza PeopleResults. Appena dopo queste due personalità, nella scala dei killer da riunione, arriva il Divagatore, che se gli lasci la palla la prende così alla larga che condanna al sonno o alla fuga la maggior parte dei presenti. Uscendo per un attimo dalla fenomenologia aziendale ed entrando nella mitologia politica, si narra che durante i lavori della Bicamerale Massimo D'Alema, vicino allo sfinimento, decise di cronometrare i discorsi del senatore Francesco D'Onofrio nonché a iniziare a deliziarci con i suoi origami, per scaricarsi un po'.

Più pragmatici, alcuni capi d'azienda contemporanei, sostengono che il Divagatore vada piuttosto distratto, distribuendogli ogni tanto noccioline o, meglio, piccoli cioccolatini, cosa che ha fatto con un certo successo Samir Penkar, consulente di Minneapolis alle prese con due impiegati disturbatori, domati dopo due settimane a colpi di golosità. Poco sotto al Divagatore aziendale compaiono nella scala per tasso di disturbo il Burlone che interrompe di continuo con le sue battute fuori contesto e aspetta che gli altri ridano, e il Complottista un po' musone, quello che se ne sta silente in fondo alla sala per poi svegliarsi alla fine, alla macchinetta del caffè, dicendo che era tutto da rifare e vaticinando scenari apocalittici per l'azienda.

Il problema è che, al di là della fenomenologia delle riunioni, si tengono nel mondo lavorativo troppe riunioni, in media 4 ore alla settimana, ed è il principale motivo di insoddisfazione per gli impiegati, al primo posto per il 47 per cento, secondo una ricerca di Salary.com (nel 2008 era al terzo). «La riunione è un gran teatro per dare sfogo alle personalità, e in Italia potremmo aggiungere altri tipi, il buffone, il leccapiedi, l'assenteista» dice il sociologo Domenico De Masi. «Ma è anche un grande alibi, la scena dove si rappresenta quel dramma tragico-comico che spesso è l'azienda, e a volte a tirarla in lungo sono proprio i manager latini che cercano scuse per stare in ufficio perché non amano la famiglia e a casa s'annoiano». E fa notare De Masi che, a differenza dei nostri manager tiratardi, quelli dei Paesi più avanzati in Europa, tedeschi in testa, escono alle 5 del pomeriggio.

Ma per scoraggiare tutti, manager e impiegati, e tenersi lontano dalla riunione-monstre, c'è un sistema infallibile che attiene al disagio fisico e che funziona sotto ogni latitudine: mettere il tavolo da riunioni sotto un gelido soffione di aria condizionata e abbassare il termostato nella stanza a 10 gradi prima delle riunione.

Maria Luisa Agnese - Corsera

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